mercoledì 4 marzo 2009

Rigassificatore, progetto dissennato

Una follia che rischia di pregiudicare le potenzialità economiche di questa zona

di Alessio Lattuca

Anche per le città di Agrigento e Porto Empedocle e, probabilmente, per tutta l’area metropolitana potrebbero esserci formidabili opportunità grazie alle misure riservate all’area di libero scambio del Mediterraneo. Si moltiplicano, infatti, gli esperti che annunciano una accelerazione del boom del Mare Nostrum, sia per il traffico di merci, sia per gli enormi flussi di turisti del quale si avvantaggerà ovviamente chi, per il gioco dei destini, vi si troverà geograficamente collocato.

Proprio mentre si segnalano queste eccezionali occasioni bisogna, tuttavia, sottolineare che esistono almeno due pericoli: le scelte insensate e l’inerzia. Nel filone delle scelte insensate si inserisce il progetto di realizzare un rigassificatore a Porto Empedocle, a due passi dalla Valle dei Tempi di Agrigento. Una follia che rischia di pregiudicare per sempre le potenzialità economiche di queste zone. Il ‘mercato’, oggi più che mai – in presenza di sistemi globali e ipercompetitivi - richiede professionalità ed organizzazione dell’offerta. Per competere è necessario creare un circolo virtuoso per il quale sono indispensabili da un lato le infrastrutture materiali e, dall’altro, le infrastrutture sociali, per esempio il capitale umano che costituisce il valore aggiunto per competere. Pertanto -dato l’impegno che prevedono obiettivi così importanti - i rappresentanti delle classi dirigenti agrigentine non possono limitarsi ad essere spettatori o, peggio, connotarsi per decisioni ‘in controtendenza’, a cominciare dal dissennato progetto del rigassificatore.

Esiste, inoltre, l’obbligo di ricordare a chi ha responsabilità politica che il territorio si sta giocando un’occasione irripetibile per dare una spallata allo stato di inerzia e una bella spinta alla crescita. A tale proposito, presso la sala conferenze della Camera, su iniziativa degli amministratori del comune di Agrigento, con in testa il sindaco, è stata organizzata una conferenza per informare la comunità sulle ragioni che hanno reso necessario il ricorso al Tribunale amministrativo regionale (Tar) della Sicilia contro il frettoloso rilascio delle autorizzazioni, da parte del ministero dell’Ambiente e del ministero dei Beni Culturali, alla realizzazione del già citato rigassificatore a Porto Empedocle. All’incontro hanno preso parte le associazioni imprenditoriali del territorio (a cominciare dagli operatori turistici), i rappresentanti delle associazioni culturali, gli ambientalisti, le associazioni dei consumatori, nonché esponenti politici e tanti cittadini. Da tutti questi soggetti è arrivato un “no” chiaro e forte al rigassificatore.

Il rigassificatore, è noto, è un progetto targato Enel, che, neanche a dirlo, promette nuova occupazione (in tutto una settantina di posti di lavoro in nome dei quali dovremmo consegnare le nostre coste a questi signori), il salvataggio dei posti di lavoro della vicina centrale Enel che, riconvertita a gas, così dicono, diventerà produttiva. Poi l’insediamento di industrie legate alla catena del freddo. Quindi altri investimenti per il dragaggio del porto, per costruire il nuovo molo di levante, per la sistemazione degli altri moli, facilitando l’auspicato sviluppo turistico, con l’assunto - tutto da dimostrare - che l’eventuale presenza del rigassificatore sarà compatibile con le stesse attività turistiche, magari attraverso gli investimenti e le royalties versate.

Bisogna dare atto che l’Enel è consapevole degli effetti negativi che l’impianto provocherà e tenta di risarcire il danno mediante le cosiddette compensazioni e le promesse di nuova occupazione. Si tratterà, alla fine, come già accennato, di poche risibili unità lavorative, a fronte di un investimento di oltre 500 milioni di euro di denaro pubblico e, soprattutto, a fronte della concessione ad una grande società industriale (forzando lo spirito della legge sulle aree di sviluppo industriale che prevede la concessione di aree alle piccole e medie imprese) di un’enorme area al prezzo di soli 5 euro per metro quadrato. Insomma: se c’è un modo per svendere il nostro territorio a chi promette di prendere, di inquinare e di non dare nulla, ebbene, questo è stato trovato nel progetto per il rigassificatore. Restano inascoltate le proteste di quanti sono convinti che nell’area dove dovrebbe essere realizzato questo pericoloso impianto ci sarebbe spazio per altre attività produttive capaci di produrre certamente più posti di lavoro, con un minore imbatto ambientale.

Per la realizzazione del rigassificatore sono previsti, ottimisticamente, come affermato dai vertici Enel, almeno 5 anni. Ma è presumibile che ne occorreranno almeno 12, come è già accaduto per altre esperienze. Nei limiti dei tempi prevedibili è possibile, attraverso buone prassi, attuare qualsiasi altro programma di investimento. A proposito di equivoci è utile segnalare che, nonostante l’Enel sul proprio portale enfatizzi la responsabilità sociale d’impresa, quale momento esaltante di sostenibilità e di capacità di mantenere in equilibrio le sue tre variabili: la responsabilità economica, la responsabilità ambientale e la responsabilità sociale, ritenendo fondamentale gli apporti ed i rapporti con gli stake holders, alla dichiarazione di intenti non corrisponde l’approccio riservato alle comunità in merito all’ipotesi di costruzione dell’impianto di rigassificazione nell’area adiacente il Parco Archeologico della Valle dei Templi, a ridosso delle colline che accolgono il Kaòs e casa natale di Pirandello. Il colosso energetico tenta, di fatto, di imporre un progetto che il territorio dovrebbe subire passivamente, magari in cambio di un piatto di lenticchie e di improbabili promesse pari ad una manciata di micragnose royalty.

Inoltre la minaccia di dismissione dell’impianto esistente Enel per la produzione d’energia è un pessimo esempio di comunicazione sociale. Soprattutto perché l’Enel avrebbe dovuto, da molto tempo, rispettare l’ambiente e le rigorose norme che lo regolano. L’impianto in questione è vetusto andava ristrutturato da tempo, o dimesso, o venduto garantendo l’occupazione. Ora, se l’Enel dichiara che, grazie al gas, l’impianto potrà essere mantenuto, garantendo l’occupazione, vorrà dire che l’impianto di produzione d’energia serve. Allora sorge spontanea la domanda: se serve, perché l’Enel non ha operato la trasformazione dell’impianto a gas, ovvero, perché non lo fa immediatamente, collegandosi al gasdotto Snam che passa a soli 5 chilometri da Porto Empedocle, nell’interesse della popolazione e nel rispetto delle normative vigenti? L’Enel promette il rifacimento del porto con importanti investimenti: il molo di levante ed il costante ed annuale dragaggio della parte più esterna del porto per l’accesso delle navi gasiere. Lo fa, evidentemente, nel proprio esclusivo interesse aziendale e non certo in favorire della popolazione locale che, anzi, verrebbe danneggiata dalla presenza giornaliera d pericolosissime navi cariche di gas. A tale proposito è utile osservare che il braccio di levante risulterà poco interessante per lo sviluppo dell’attività crocieristica, visto che sarà prevalentemente interdetto perché condizionato dall’impianto di rigassificazione cui è destinato; la stazione marittima è finanziata con un milione di euro; il dragaggio del porto, per superare l’impasse in cui si trova, fruisce di una perizia di variante di un milione di euro; il molo ‘Crispi’ ha ottenuto uno stanziamento di un milione e mezzo di euro; la banchina del porto vecchio ha ottenuto un finanziamento di un milione e seicentomila euro; lo sporgente del molo del porto vecchio potrà contare su un finanziamento di un milione e seicentomila euro; per lo sporgente della darsena di ponente sarà disponibile un finanziamento di quattro milioni e quattrocentomila euro. Tutti finanziamenti immediatamente cantierabili, a valere sulle risorse ministeriali stanziate per il 2007 - 2008 e 2009 (Decreto Ministeriale Prot. 1756 del 02/08/2007).

Il porto ristrutturato negli stessi tempi - se gli amministratori se ne occuperanno - consentirà di accogliere investimenti compatibili con un modello di sviluppo sostenibile e senza gli effetti devastanti che il rigassificatore, se venisse realizzato, produrrà, compreso il depauperamento dello scenario naturale e paesaggistico del binomio costa-bellezze antropiche e la limitazione numerica del possibile arrivo di navi da crociera, poiché è evidente che il turista in crociera non desidera certo incrociare le navi gasiere, vedere una canna fumaria sul mare, attraccare a ridosso di un’area industriale pericolosa. E lo stesso discorso vale per il turismo da diporto, assolutamente incompatibile con la presenza di un rigassificatore e delle navi metaniere. E’, invece, largamente probabile che sia possibile trovare investitori pronti a realizzare, con fondi propri, un porticciolo turistico dentro e fuori il porto.

Sarà tuttavia improbabile che gli stessi investitori decidano di cimentarsi in presenza di un impianto invasivo qual è un rigassificatore! E’ una bugia clamorosa, diffusa artatamente, secondo la quale non vi siano alternative allo sviluppo del territorio oltre al rigassificatore. Infatti:

  • la conversione dell’impianto Enel - a totale costo privato - non produce perdita di posti di lavoro;

  • il dragaggio del porto è già finanziato;

  • la Stazione marittima, in corso di progettazione, può trovare fondi nell’affidamento alla gestione dei privati;

  • l’attracco delle navi da crociera è frutto di attività diplomatiche e di accordi commerciali e sindacali (creando in questo caso altri posti di lavoro);

  • la darsena turistica prevede gli investimenti privati (con la creazione di altri posti di lavoro);

  • un secondo porticciolo turistico all’esterno del porto prevede il ricorso a fondi privati (ancora altri posti di lavoro);

  • il rilancio delle attività del settore della pesca commerciale è realizzabile con un piano di sviluppo della nautica empedoclina; progetto che determinerebbe lo stop all’esodo della forza lavoro in questo settore e l’incremento delle attività di pesca e di trasformazione del pescato, magari in collaborazione con i Paesi che si affacciano nel Mediterraneo;

  • la riqualificazione dell’area dimessa destinata per servizi, ovvero per attività di impresa sostenibili (cantieristica leggera, artigianato, trasformazione del pescato, ecc.) e per attività turistiche o, ancora, per l’università e la ricerca, comunque intesa produrrà nuovi posti di lavoro.

Dopo l’attenta analisi e il corposo dibattito, che ha registrato significativi e appassionati interventi, è emersa la unanime richiesta di un protocollo d’intesa, diretto a stimolare la discussione con i rappresentanti delle istituzioni, del ceto politico, del mondo associazionistico e, possibilmente, a creare un tavolo di lavoro attorno alle questioni connesse ai programmi di sviluppo. Lo scopo del documento, condiviso dai rappresentanti delle imprese e dai cosiddetti stakeholders, è quello di partecipare attivamente alla programmazione e alle scelte che la classe dirigente dovrà operare in vista dell’imminente emanazione dei bandi comunitari e dei progetti da realizzare con i Fondi per le aree sottoutilizzate (Fas) che, a detta di tutti, non potranno non tenere nella dovuta considerazione le tematiche connesse alla infrastrutturazione del territorio e della valorizzazione delle naturali vocazioni delle nostre zone, a partire dall’agricoltura di qualità, dal turismo e, ovviamente, dal formidabile patrimonio archeologico ed ambientale.

D’altro canto, i tavoli di concertazione previsti dalle norme di finanza negoziata (Contratti di Programma, Pit, Pir e, in ultimo, Piani Strategici) hanno individuato quali trainanti i predetti settori, concentrando attorno ad essi misure e risorse del Por Sicilia. I Piani Strategici, in quanto strumenti di democrazia partecipativa (attraverso i quali le città di Agrigento, Porto Empedocle, Favara, Aragona, Raffadali e Siculiana sono chiamate a costruire il proprio futuro, definendo il disegno politico dello sviluppo in una prospettiva di medio e lungo termine) hanno il fine di individuare la mission del territorio e, possibilmente, di renderlo interessante per gli investitori.

Peraltro, è ormai opinione diffusa che tutti i soggetti presenti nel territorio - portatori di specifici interessi - hanno il compito di contribuire ad elaborare gli indirizzi di programmazione economica e di pianificazione territoriale di carattere integrato. Nel senso di puntare a valorizzare gli effetti che derivano dalla messa in rete delle diverse politiche: e cioè qualità della vita, formazione, turismo, beni culturali ed ambientali, agroalimentare di qualità, per definire un modello condiviso di sviluppo.

Riassumendo: in zona Kaòs, a duecento metri dal Parco di Pirandello e di fronte alle colline che accolgono la Valle dei Templi di Agrigento, verrebbe collocato un rigassificatore che molti autorevoli studi considerano “impianto a rischio di incidente rilevante”: nel caso del peggiore incidente, infatti, una nube di gas incendiario si spingerebbe in un’area di 55 chilometri, distruggendo tutto lungo il proprio dispiegarsi, causando un numero rilevantissimo di morti e la totale distruzione del paesaggio. E’ così che si intende tutelare la Valle dei Templi di Agrigento? E’ questo il mondo per valorizzare le spiagge di San Leone, Porto Empedole, fino ad arrivare alla Scala dei Turchi?

Chi ha presentato questo assurdo e pericoloso progetto si è guadato bene dall’illustrare alla popolazione locale gli eventuali pericoli connessi alla presenza del rigassificatore e, soprattutto, delle navi che trasportano il gas. Eppure, secondo il Pentagono, l’energia contenuta in una gasiera di media grandezza è equivalente a quella di diverse bombe atomiche, ancorché prive di radiazioni. E’ incredibile come in questa storia del rigassificatore nessuno tra i protagonisti di questo devastante progetto abbia sentito il dovere di informare la popolazione.

Gli impianti, inoltre, risultano pericolosi perché sarebbero tra gli obiettivi più attraenti per i terroristi (vedi sito ministero degli Interni e dichiarazione del presidente dei Lloyd’s di Londra sulle indisponibilità, recentemente manifestate, per assicurare le navi gasiere, prive di scorta militare). E, ancora, gli impianti di rigassificazione inquineranno perché produrranno sversamenti in mare e forti emissioni di metano ad alto effetto serra (23 volte più del CO2); l’acqua marina utilizzata nel ciclo di rigassificazione verrà raffreddata ad una temperatura di 9° inferiore a quella di presa e clorata dall’impianto con una immissione nell’ambiente marino di 20 – 33 tonnellate di cloro attivo (candeggina, per intenderci) all’anno che causerà gravi danni alla pesca ed al turismo.

Inoltre, le carenze dei progetti e degli studi presentati dalle società Nuove Energie e Enel non offrono alcun accenno alle opere a terra e inducono a riflettere e ad opporre forti perplessità sulla complessiva affidabilità delle forze in campo.

Sono da considerare, poi, l’impatto sulla fiducia e i danni morali che la presenza del rigassificatore causerà ai cittadini di Agrigento e di Porto Empedocle e alle imprese, soprattutto in merito alla svalutazione delle unità immobiliari presenti nella vastissima area interessata e, in particolare, di quelle ad uso turistico, nonché di quelle limitrofe agli impianti che si troveranno a poche centinaia di metri in linea d’aria dalle gasiere.

Tanti, insomma, gli interrogativi senza risposta. Corrispondono al vero - per citare un esempio - le voci che si riferiscono alla ventilata approvazione del progetto da parte degli organi regionali preposti? E, se ciò rispondesse al vero, come si giustifica un insediamento così improponibile alla luce delle tanto declamate “vocazioni”?

Gli uffici della Regione Siciliana si sono chiesti, in particolare, come sarà possibile dare risposte alla diffida trasmessa al presidente della Regione Siciliana dal responsabile dell’Unesco, Gianni Puglisi (successivamente rimodulata), alle denuncie che provengono da autorevoli associazioni come il Fai (anch’essa successivamente modificata) e all’appello firmato da un nutrito numero di intellettuali di fama internazionale contro questo progetto?

Tutti personaggi e responsabili di note istituzioni che, probabilmente, hanno più a cuore le sorti di luoghi mistici quali la Valle dei Templi, Kàos e il Parco Pirandello di quanto non l’abbiano taluni agrigentini cosiddetti ‘illustri’, che a parole dichiarano buoni propositi e, di fatto, agiscono nella direzione opposta.

Ai signori che vorrebbero trasformare le coste agrigentine in un terminale di rigassificazione con annessi e connessi va ricordato che:

- primo: la Valle dei Templi - tesi condivisa a tutti i livelli e inserita come idea portante nel Por Sicilia – è il nucleo portante per il futuro sviluppo economico delle nostre zone;

- secondo: il Parco Archeologico è lo strumento più significativo per lo sviluppo socio economico ed occupazionale;

- terzo: contrada Kàos, luogo di nascita di Luigi Pirandello, è un luogo da conservare e da valorizzare e non da distruggere realizzandoci a qualche centinaio di metri un rigassificatore;

- quarto: il porto di Porto Empedocle ha tutti i numero per diventare tra i più visitati porti turistico e crocieristici del Mediterraneo.

Tra l’altro, va detto che in tutta l’area interessata da questo balordo progetto vi è una notevole presenza di strutture ricettive che, in presenza del rigassificatore, diventerebbero ‘a rischio’: parliamo dell’hotel Dioscuri Bay Palace, dell’hotel dei Vescovi, del Baglio della Luna e dell’hotel Kaòs recentemente acquisito, con un investimento di molti milioni di euro, da una compagnia internazionale che pensava di impiegare i propri denari in un posto normale e affidabile. Per non parlare delle strutture di balneazione e delle attività legate alla pesca.

A conti fatti, c’è l’urgenza di riconsiderare le scelte fin qui operate dalle società interessate (vedi piano di impatto ambientale) e stabilire un programma in linea con l’idea di sviluppo già individuata e, ovviamente, più adatto alle reali esigenze del nostro territorio. Per potere cogliere, soprattutto, le opportunità offerte dalla normativa regionale, nazionale e comunitaria e, in ultimo, dalla “Carta degli aiuti regionali” che individua le migliori politiche per le aree svantaggiate dirette a condizioni favorevoli per attrarre investimenti.

Alla nostra provincia, al nostro territorio non serve il rigassificatore. Serve, semmai, un dibattito ampio per individuare gli asset sui quali puntare, a cominciare dalle infrastrutture nel senso più ampio del termine (porti, aeroporti, ferrovie, autostrade, scuola, università); e serve, soprattutto, un progetto per la valorizzazione dell’impareggiabile patrimonio di beni culturali ed ambientali presenti nel nostro territorio. L’esigenza di puntare sulle infrastrutture immateriali deriva dall’assunto che non è possibile ipotizzare sviluppo in assenza di capitale umano. Si tratta, tutto sommato, di una equazione facile da definire: livelli più elevati di istruzione e maggiore competenza sono condizioni necessarie per sostenere livelli di espansione e sviluppo adeguati alle esigenze del nostro tempo.

L’università di Agrigento, seppure nata da poco tempo, ma sviluppatasi progressivamente, avrà l’immane compito di sostenere questo progetto e di esercitare un ruolo significativo, ovvero per diventare luogo di studio nel campo umanistico e laboratorio per il sapere tecnico e tecnologico. Un’occasione indifferibile per lo sviluppo che oggi più che mai la provincia di Agrigento non può non cogliere, tenuto conto, peraltro, che gli aiuti comunitari alle cosiddette ‘regioni ad obiettivo 1’ (e la Sicilia è tra queste) cesseranno nel 2013. Scelte opportune e mirate potrebbero contribuire a creare le condizioni affinché questo luogo geografico con le sue qualità ambientali, con la sua posizione, con la sua storia e la sua stratificazione culturale e archeologica, con la presenza dell’università, con la presenza dei porti, possa assumere il ruolo - che storicamente e geograficamente gli compete - di cerniera strategica tra le due sponde del Mediterraneo.

Dobbiamo lavorare affinché il nostro territorio, riconosciuto dall’Unesco quale patrimonio dell’umanità, possa concorrere per ottenere l’ambita certificazione “carbon free” e per promuovere azioni dirette a far dichiarare il territorio del Mediterraneo Area marina particolarmente sensibile (Particulary sensitive sea area – Pssa), con particolare riguardo per le coste agrigentine. Le predette opportunità potranno risultare (come accade altrove) utilissimi strumenti per sedurre ed accogliere i numerosissimi e moderni viaggiatori che vanno alla ricerca dei pochissimi e ricercatissimi luoghi unici e, naturalmente, non inquinati. Pertanto risulterà estremamente indispensabile consultare i cittadini attraverso un moderno ed efficace strumento di democrazia partecipativa qual è il referendum, secondo le regole sancite con la direttiva Seveso 2 e 3, recepita con Dlgs. n. 334/99 e n. 238/05 e ai sensi della legge regionale n. 9 del 1986 e dello Statuto della Provincia.

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