mercoledì 4 marzo 2009

I resti del Tempio di Giove nel porto

Il molo di ponente è stato costruito con i resti del tempio di Zeus tra il 1746 e il 1763 per iniziativa del re Carlo Sebastiano di Borbone.

Per lungo tempo fu accusato dello scempio il Vescovo di Giorgenti Lorenzo Gioieni, circostanza smentita dal filologo agrigentino Angelo Palillo e dall'archeologo Giuseppe Castellana che avendo condotto delle ricerche più accurate sostengono che Gioieni scrisse a Carlo III nel 1746 chiedendo l'autorizzazione per la costruzione di un nuovo porto a San Leone.

Carlo III fu irremovibile e affidò l'incarico della progettazione all'ing. Salvatore Lanza, mentre il conte Juan Filangeri fu il primo sovrintendente generale dell'opera.

Il molo in questione è quello vecchio, per intenderci quello vicino alla Torre di Carlo V.

Non è noto a tutti che nel XIX secolo, in occasione della costruzione dell’attuale molo di ponente (quello prossimo alla capitaneria che comprende la spiaggia), è stato realizzato con gli stessi blocchi che erano stati semplicemente spostati.

Pertanto in passato i resti del tempio di Zeus erano stati cercati nel vecchio molo e nessuno era mai andato a cercarli nel nuovo molo.

Oppure se qualcuno si è interessato, non lo ha divulgato.

E' certo che i marinai della zona lo sapevano e forse anche i responsabili della capitaneria che forse per ignoranza non hanno mai fatto nessuna segnalazione alle autorità competenti (soprintendenza) come la Legge impone.

Alcuni mesi fa Marco Falzone, operatore tecnico scientifico per i beni archeologici, ha reso noto che molti resti del tempio di Zeus sono ancora ben visibili nel molo di Ponente del porto di Porto Empedocle.

Nel mese di ottobre in occasione di un incontro svoltosi all'interno del tempio di Zeus il Prof. Beste dell’ Istituto Germanico di Archeologia di Roma, ha dichiarato di non sapere nulla dei suddetti resti.

Pertanto su sua richiesta è stata organizzata una visita all’interno del porto a seguito di informale richiesta rivolta alla Capitanieria che ha fornito l’assistenza di un Ufficiale per la ricognizione.

Lungo il tragitto verso il porto il professore rivelò che secondo le sue indagini in situ mancavano tracce di 18 semicolonne e che pertanto a parer suo il tempio era rimasto incompiuto.

Dopo aver visto i resti del tempio, che incredibilmente presentano ancora interessanti particolari architettonici, il professore ha ritirato le considerazioni espresse in quanto i resti mancanti erano evidenti.

Il professore era perfettamente a conoscenza che il tempio era stato usato come cava per il porto. Tuttavia, gli era sempre stato riferito che non esisteva più nulla.

Insomma è paradossale che non fosse mai stata effettuata una ricognizione dei resti all’interno del porto.

Il Prof. Beste ha evidenziato che la visione dei resti in parte coperti dall'acqua marina è risultata estremamente significativa per i suoi studi ed ha manifestato riconoscenza per le preziosa informazioni.

In occasione delle Giornate Gregoriane e successivamente nell’ambito delle iniziative organizzate per il decennale dell'inserimento della Valle dei Templi nell’Heritage List - UNESCO ha confermato di avere riconosciuto i resti del tempio.

Ciò ha suscitato particolare interesse da parte degli archeologi presenti e in particolare, del Prof Mertens (uno dei più importanti esperti di archeologia classica del Mondo) i quali hanno convenuto sulla opportunità di apporre il vincolo archeologico.

Con la consapevolezza delle enormi difficoltà di procedere al recupero rispetto all’erosione marina e al tempo stesso della necessità di proteggerli dall'uomo.

D’altrocanto anche i resti del tempio di Zeus in situ sono in cattive condizioni e soggetti all'erosione ma, grazie al vincolo archeologico, sono protetti dall'uomo.

Pure i resti del tempio gettati nel mare dai predecessori, ignoranti e irresponsabili, meritano un vincolo che ad oggi non posseggono.

Al di là dell'importanza che possono rivestire sotto il profilo storico risulterebbero una formidabile risorsa per attrarre turisti e viaggiatori nella città di Porto Empedocle.

E’ urgente adoperasi per la salvaguardia dell’importante risorsa ai fini occupazionali per evitare soprattutto che - con la futura ristrutturazione del porto - i resti del tempio scompaiano del tutto.

Le responsabilità di tale scempio saranno in capo a tutta la classe dirigente locale, regionale e nazionale e, ovviamente, in misura maggiore in capo a chi ha il dovere di proteggere, recuperare, conservare e valorizzare i beni culturali, ambientali e paesaggistici.

A tale proposito è indispensabile interrogarsi su come sia possibile conciliare la tutela dei beni culturali della loro valorizzazione con la collocazione di un impianto di rigassificazione nel Porto di Porto Empedocle.

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