mercoledì 4 marzo 2009

I resti del Tempio di Giove nel porto

Il molo di ponente è stato costruito con i resti del tempio di Zeus tra il 1746 e il 1763 per iniziativa del re Carlo Sebastiano di Borbone.

Per lungo tempo fu accusato dello scempio il Vescovo di Giorgenti Lorenzo Gioieni, circostanza smentita dal filologo agrigentino Angelo Palillo e dall'archeologo Giuseppe Castellana che avendo condotto delle ricerche più accurate sostengono che Gioieni scrisse a Carlo III nel 1746 chiedendo l'autorizzazione per la costruzione di un nuovo porto a San Leone.

Carlo III fu irremovibile e affidò l'incarico della progettazione all'ing. Salvatore Lanza, mentre il conte Juan Filangeri fu il primo sovrintendente generale dell'opera.

Il molo in questione è quello vecchio, per intenderci quello vicino alla Torre di Carlo V.

Non è noto a tutti che nel XIX secolo, in occasione della costruzione dell’attuale molo di ponente (quello prossimo alla capitaneria che comprende la spiaggia), è stato realizzato con gli stessi blocchi che erano stati semplicemente spostati.

Pertanto in passato i resti del tempio di Zeus erano stati cercati nel vecchio molo e nessuno era mai andato a cercarli nel nuovo molo.

Oppure se qualcuno si è interessato, non lo ha divulgato.

E' certo che i marinai della zona lo sapevano e forse anche i responsabili della capitaneria che forse per ignoranza non hanno mai fatto nessuna segnalazione alle autorità competenti (soprintendenza) come la Legge impone.

Alcuni mesi fa Marco Falzone, operatore tecnico scientifico per i beni archeologici, ha reso noto che molti resti del tempio di Zeus sono ancora ben visibili nel molo di Ponente del porto di Porto Empedocle.

Nel mese di ottobre in occasione di un incontro svoltosi all'interno del tempio di Zeus il Prof. Beste dell’ Istituto Germanico di Archeologia di Roma, ha dichiarato di non sapere nulla dei suddetti resti.

Pertanto su sua richiesta è stata organizzata una visita all’interno del porto a seguito di informale richiesta rivolta alla Capitanieria che ha fornito l’assistenza di un Ufficiale per la ricognizione.

Lungo il tragitto verso il porto il professore rivelò che secondo le sue indagini in situ mancavano tracce di 18 semicolonne e che pertanto a parer suo il tempio era rimasto incompiuto.

Dopo aver visto i resti del tempio, che incredibilmente presentano ancora interessanti particolari architettonici, il professore ha ritirato le considerazioni espresse in quanto i resti mancanti erano evidenti.

Il professore era perfettamente a conoscenza che il tempio era stato usato come cava per il porto. Tuttavia, gli era sempre stato riferito che non esisteva più nulla.

Insomma è paradossale che non fosse mai stata effettuata una ricognizione dei resti all’interno del porto.

Il Prof. Beste ha evidenziato che la visione dei resti in parte coperti dall'acqua marina è risultata estremamente significativa per i suoi studi ed ha manifestato riconoscenza per le preziosa informazioni.

In occasione delle Giornate Gregoriane e successivamente nell’ambito delle iniziative organizzate per il decennale dell'inserimento della Valle dei Templi nell’Heritage List - UNESCO ha confermato di avere riconosciuto i resti del tempio.

Ciò ha suscitato particolare interesse da parte degli archeologi presenti e in particolare, del Prof Mertens (uno dei più importanti esperti di archeologia classica del Mondo) i quali hanno convenuto sulla opportunità di apporre il vincolo archeologico.

Con la consapevolezza delle enormi difficoltà di procedere al recupero rispetto all’erosione marina e al tempo stesso della necessità di proteggerli dall'uomo.

D’altrocanto anche i resti del tempio di Zeus in situ sono in cattive condizioni e soggetti all'erosione ma, grazie al vincolo archeologico, sono protetti dall'uomo.

Pure i resti del tempio gettati nel mare dai predecessori, ignoranti e irresponsabili, meritano un vincolo che ad oggi non posseggono.

Al di là dell'importanza che possono rivestire sotto il profilo storico risulterebbero una formidabile risorsa per attrarre turisti e viaggiatori nella città di Porto Empedocle.

E’ urgente adoperasi per la salvaguardia dell’importante risorsa ai fini occupazionali per evitare soprattutto che - con la futura ristrutturazione del porto - i resti del tempio scompaiano del tutto.

Le responsabilità di tale scempio saranno in capo a tutta la classe dirigente locale, regionale e nazionale e, ovviamente, in misura maggiore in capo a chi ha il dovere di proteggere, recuperare, conservare e valorizzare i beni culturali, ambientali e paesaggistici.

A tale proposito è indispensabile interrogarsi su come sia possibile conciliare la tutela dei beni culturali della loro valorizzazione con la collocazione di un impianto di rigassificazione nel Porto di Porto Empedocle.

Paesaggio e democrazia

“Constatando che il paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale e costituisce una risorsa favorevole all'attività economica, e che, se salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato, può contribuire alla creazione di posti di lavoro;

Consapevoli del fatto che il paesaggio coopera all'elaborazione delle culture locali e rappresenta una componente fondamentale del patrimonio culturale e naturale dell'Europa, contribuendo così al benessere e alla soddisfazione degli esseri umani e al consolidamento dell'identità europea;

Riconoscendo che il paesaggio è in ogni luogo un elemento importante della qualità della vita delle popolazioni: nelle aree urbane e nelle campagne, nei territori degradati, come in quelli di grande qualità, nelle zone considerate eccezionali, come in quelle della vita quotidiana;

Osservando che le evoluzioni delle tecniche di produzione agricola, forestale, industriale e pianificazione mineraria e delle prassi in materia di pianificazione territoriale, urbanistica, trasporti, reti, turismo e svaghi e, più generalmente, i cambiamenti economici mondiali continuano, in molti casi, ad accelerare le trasformazioni dei paesaggi;

Desiderando soddisfare gli auspici delle popolazioni di godere di un paesaggio di qualità e di svolgere un ruolo attivo nella sua trasformazione;

Persuasi che il paesaggio rappresenta un elemento chiave del benessere individuale e sociale, e che la sua salvaguardia, la sua gestione e la sua pianificazione comportano diritti e responsabilità per ciascun individuo;

Tenendo presenti i testi giuridici esistenti a livello internazionale nei settori della salvaguardia e della gestione del patrimonio naturale e culturale, della pianificazione territoriale, dell'autonomia locale e della cooperazione transfrontaliera e segnatamente la Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale d'Europa (Berna, 19 settembre 1979), la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio architettonico d'Europa (Granada, 3 ottobre 1985), la Convenzione europea per la tutela del patrimonio archeologico (rivista) (La Valletta, 16 gennaio 1992), la Convenzione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali (Madrid, 21 maggio 1980) e i suoi protocolli addizionali, la Carta europea dell'autonomia locale (Strasburgo, 15 ottobre 1985), la Convenzione sulla biodiversità (Rio, 5 giugno 1992), la Convenzione sulla tutela del patrimonio mondiale, culturale e naturale (Parigi, 16 novembre 1972), e la Convenzione relativa all'accesso all'informazione, alla partecipazione del pubblico al processo decisionale e all'accesso alla giustizia in materia ambientale (Aarhus, 25 giugno 1998)

Queste considerazioni, tratte dalla Convenzione Europea del Paesaggio, firmata a Firenze nell'ottobre 2000 dagli Stati membri del Consiglio d'Europa, che ha riconosciuto come univoca una definizione nella quale il termine paesaggio: "designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni."…, come si conciliano con le scelte operate dal ceto politico locale, regionale e nazionale che per quanto ovvio pregiudicheranno l’intera regione costiera e non hanno tenuto in nessun conto la convenzione Aarhus ?

Ancora oggi pur con le inevitabili trasformazioni Come si conciliano con le scelte operate dal ceto politico agrigentino e non

Tuttavia risulta indispensabile riflettere sul perché accadano alcuni fatti in alcuni luoghi!

A tale proposito è opportuno segnalare che sul territorio e, in particolare, sull’area portuale e sulle aree dismesse di Porto Empedocle non è mai stato realizzato un vero studio progettuale e di fattibilità.

Pertanto fino ad oggi è risultato poco credibile contrapporre progetti frammentari ad una ipotesi occupazionale (ma di parte!) come quella che si riferisce alla collocazione di un impianto di rigassificazione nell’area Kàos.

E’ utile ricordare che le tesi finora opposte in riferimento alla salvaguardia del Paesaggio, della Valle dei Templi, del Kàos, sembrerebbero non convincere il ceto politico.

Come se il Paesaggio della Valle dei Templi: che fa parte della storia dell’Umanità, (non appartiene soltanto alla cultura agrigentina e siciliana, ma è la più straordinaria testimonianza del passato dell’uomo), sia meno importante di uno stramaledetto rigassificatore - che a regime potrebbe garantire meno posti di lavoro di un medio albergo - ma di sicuro causerà guasti che non potranno mai essere “compensati” (come dicono “loro”) da alcuno.

Nella Città di Agrigento esiste per uno scherzo del destino una meravigliosa “macchina del tempo” che può fare viaggiare i fortunati visitatori in modo spettacolare fino agli albori della civiltà.

Mi chiedo e chiedo come sia possibile costruire il “futuro” dell’uomo se non se ne preserva il passato?

Qui ad Agrigento vi è un bene dell’umanità, che corre il serio rischio di divenire un crimine verso l’umanità: poiché se continuerà ad essere sottovalutato e peggio ancora trascurato è destinato nel tempo, a distruggersi.

In realtà, allo stato attuale, i beni culturali, la Valle e il territorio limitrofo, in attesa che possano essere maggiormente fruiti a fini economici dovrebbero, quantomeno, essere preservati dagli agenti esterni e dai malintenzionati.

Bisognerà, pertanto, mettere in sicurezza (nel senso più ampio del termine) il sito archeologico e il paesaggio.

L’approccio invalso tra chi decide sul futuro del giacimento culturale mi suggerisce quanto spesso la storia, ad alcuni, non insegni nulla (basti ricordare le autorizzazioni rilasciate negli anni cinquanta alla FIAT per costruire i capannoni nella piana San Gregorio sotto il Tempio della Concordia; disastro scongiurato dalla Comunità Culturale Nazionale ed Internazionale e, in particolare, dall’azione di Pietro Griffo).

Se poi questi alcuni sono preposti a custodire, difendere e tramandare ai posteri dei beni che fanno parte della storia, allora siamo messi veramente male. E non vi è futuro alcuno da immaginare!

Oltre a tutte le superiori considerazioni: sarebbe estremamente significativo che la classe dirigente si ponesse delle domande che trascendono la ventilata importanza occupazionale dell’iniziativa (importante per chi?) e si preoccupasse di uno strumento essenziale per la vita civile: la Democrazia appunto!

E’ utile nel merito segnalare che il faraonico progetto del rigassificatore - promosso da una società controllata dalle famose acciaierie bergamasche e…. successivamente ceduta all’ENEL – non ha tenuto in nessuna considerazione il trattato di Aharus (che impone la partecipazione della popolazione alla formazione delle decisioni in materia di impianti ad alto rischio ambientale qual è appunto il rigassificatore) ed è stato deciso al di fuori dei consigli comunali e provinciali che troppo spesso vengono chiamati ad approvare decisioni già prese nelle segreterie dei partiti.

E’ questa la Democrazia tanto richiamata dai partiti?

E’ una Democrazia che risponde agli interessi dei cittadini o piuttosto a quelli delle “oligarchie del potere economico-finanziario”?

E’ urgente, pertanto, che in tempi brevissimi le comunità interessate reagiscano in maniera particolarmente professionale dotandosi, di uno studio di fattibilità sull’intera area in questione che sappia intravedere i progetti di sviluppo (ed i riflessi occupazionali) assolutamente diversi dalla tardiva, quanto anacronistica, proposizione di uno pseudo sviluppo industriale di limitata portata.

Ringrazio per la sensibilità che sarà riservata ai problemi segnalati e per il contributo di idee e di impegno che sarà indirizzato alle comunità per la risoluzione dell’impasse in cui sono precipitate.

Alessio Lattuca

Rigassificatore, progetto dissennato

Una follia che rischia di pregiudicare le potenzialità economiche di questa zona

di Alessio Lattuca

Anche per le città di Agrigento e Porto Empedocle e, probabilmente, per tutta l’area metropolitana potrebbero esserci formidabili opportunità grazie alle misure riservate all’area di libero scambio del Mediterraneo. Si moltiplicano, infatti, gli esperti che annunciano una accelerazione del boom del Mare Nostrum, sia per il traffico di merci, sia per gli enormi flussi di turisti del quale si avvantaggerà ovviamente chi, per il gioco dei destini, vi si troverà geograficamente collocato.

Proprio mentre si segnalano queste eccezionali occasioni bisogna, tuttavia, sottolineare che esistono almeno due pericoli: le scelte insensate e l’inerzia. Nel filone delle scelte insensate si inserisce il progetto di realizzare un rigassificatore a Porto Empedocle, a due passi dalla Valle dei Tempi di Agrigento. Una follia che rischia di pregiudicare per sempre le potenzialità economiche di queste zone. Il ‘mercato’, oggi più che mai – in presenza di sistemi globali e ipercompetitivi - richiede professionalità ed organizzazione dell’offerta. Per competere è necessario creare un circolo virtuoso per il quale sono indispensabili da un lato le infrastrutture materiali e, dall’altro, le infrastrutture sociali, per esempio il capitale umano che costituisce il valore aggiunto per competere. Pertanto -dato l’impegno che prevedono obiettivi così importanti - i rappresentanti delle classi dirigenti agrigentine non possono limitarsi ad essere spettatori o, peggio, connotarsi per decisioni ‘in controtendenza’, a cominciare dal dissennato progetto del rigassificatore.

Esiste, inoltre, l’obbligo di ricordare a chi ha responsabilità politica che il territorio si sta giocando un’occasione irripetibile per dare una spallata allo stato di inerzia e una bella spinta alla crescita. A tale proposito, presso la sala conferenze della Camera, su iniziativa degli amministratori del comune di Agrigento, con in testa il sindaco, è stata organizzata una conferenza per informare la comunità sulle ragioni che hanno reso necessario il ricorso al Tribunale amministrativo regionale (Tar) della Sicilia contro il frettoloso rilascio delle autorizzazioni, da parte del ministero dell’Ambiente e del ministero dei Beni Culturali, alla realizzazione del già citato rigassificatore a Porto Empedocle. All’incontro hanno preso parte le associazioni imprenditoriali del territorio (a cominciare dagli operatori turistici), i rappresentanti delle associazioni culturali, gli ambientalisti, le associazioni dei consumatori, nonché esponenti politici e tanti cittadini. Da tutti questi soggetti è arrivato un “no” chiaro e forte al rigassificatore.

Il rigassificatore, è noto, è un progetto targato Enel, che, neanche a dirlo, promette nuova occupazione (in tutto una settantina di posti di lavoro in nome dei quali dovremmo consegnare le nostre coste a questi signori), il salvataggio dei posti di lavoro della vicina centrale Enel che, riconvertita a gas, così dicono, diventerà produttiva. Poi l’insediamento di industrie legate alla catena del freddo. Quindi altri investimenti per il dragaggio del porto, per costruire il nuovo molo di levante, per la sistemazione degli altri moli, facilitando l’auspicato sviluppo turistico, con l’assunto - tutto da dimostrare - che l’eventuale presenza del rigassificatore sarà compatibile con le stesse attività turistiche, magari attraverso gli investimenti e le royalties versate.

Bisogna dare atto che l’Enel è consapevole degli effetti negativi che l’impianto provocherà e tenta di risarcire il danno mediante le cosiddette compensazioni e le promesse di nuova occupazione. Si tratterà, alla fine, come già accennato, di poche risibili unità lavorative, a fronte di un investimento di oltre 500 milioni di euro di denaro pubblico e, soprattutto, a fronte della concessione ad una grande società industriale (forzando lo spirito della legge sulle aree di sviluppo industriale che prevede la concessione di aree alle piccole e medie imprese) di un’enorme area al prezzo di soli 5 euro per metro quadrato. Insomma: se c’è un modo per svendere il nostro territorio a chi promette di prendere, di inquinare e di non dare nulla, ebbene, questo è stato trovato nel progetto per il rigassificatore. Restano inascoltate le proteste di quanti sono convinti che nell’area dove dovrebbe essere realizzato questo pericoloso impianto ci sarebbe spazio per altre attività produttive capaci di produrre certamente più posti di lavoro, con un minore imbatto ambientale.

Per la realizzazione del rigassificatore sono previsti, ottimisticamente, come affermato dai vertici Enel, almeno 5 anni. Ma è presumibile che ne occorreranno almeno 12, come è già accaduto per altre esperienze. Nei limiti dei tempi prevedibili è possibile, attraverso buone prassi, attuare qualsiasi altro programma di investimento. A proposito di equivoci è utile segnalare che, nonostante l’Enel sul proprio portale enfatizzi la responsabilità sociale d’impresa, quale momento esaltante di sostenibilità e di capacità di mantenere in equilibrio le sue tre variabili: la responsabilità economica, la responsabilità ambientale e la responsabilità sociale, ritenendo fondamentale gli apporti ed i rapporti con gli stake holders, alla dichiarazione di intenti non corrisponde l’approccio riservato alle comunità in merito all’ipotesi di costruzione dell’impianto di rigassificazione nell’area adiacente il Parco Archeologico della Valle dei Templi, a ridosso delle colline che accolgono il Kaòs e casa natale di Pirandello. Il colosso energetico tenta, di fatto, di imporre un progetto che il territorio dovrebbe subire passivamente, magari in cambio di un piatto di lenticchie e di improbabili promesse pari ad una manciata di micragnose royalty.

Inoltre la minaccia di dismissione dell’impianto esistente Enel per la produzione d’energia è un pessimo esempio di comunicazione sociale. Soprattutto perché l’Enel avrebbe dovuto, da molto tempo, rispettare l’ambiente e le rigorose norme che lo regolano. L’impianto in questione è vetusto andava ristrutturato da tempo, o dimesso, o venduto garantendo l’occupazione. Ora, se l’Enel dichiara che, grazie al gas, l’impianto potrà essere mantenuto, garantendo l’occupazione, vorrà dire che l’impianto di produzione d’energia serve. Allora sorge spontanea la domanda: se serve, perché l’Enel non ha operato la trasformazione dell’impianto a gas, ovvero, perché non lo fa immediatamente, collegandosi al gasdotto Snam che passa a soli 5 chilometri da Porto Empedocle, nell’interesse della popolazione e nel rispetto delle normative vigenti? L’Enel promette il rifacimento del porto con importanti investimenti: il molo di levante ed il costante ed annuale dragaggio della parte più esterna del porto per l’accesso delle navi gasiere. Lo fa, evidentemente, nel proprio esclusivo interesse aziendale e non certo in favorire della popolazione locale che, anzi, verrebbe danneggiata dalla presenza giornaliera d pericolosissime navi cariche di gas. A tale proposito è utile osservare che il braccio di levante risulterà poco interessante per lo sviluppo dell’attività crocieristica, visto che sarà prevalentemente interdetto perché condizionato dall’impianto di rigassificazione cui è destinato; la stazione marittima è finanziata con un milione di euro; il dragaggio del porto, per superare l’impasse in cui si trova, fruisce di una perizia di variante di un milione di euro; il molo ‘Crispi’ ha ottenuto uno stanziamento di un milione e mezzo di euro; la banchina del porto vecchio ha ottenuto un finanziamento di un milione e seicentomila euro; lo sporgente del molo del porto vecchio potrà contare su un finanziamento di un milione e seicentomila euro; per lo sporgente della darsena di ponente sarà disponibile un finanziamento di quattro milioni e quattrocentomila euro. Tutti finanziamenti immediatamente cantierabili, a valere sulle risorse ministeriali stanziate per il 2007 - 2008 e 2009 (Decreto Ministeriale Prot. 1756 del 02/08/2007).

Il porto ristrutturato negli stessi tempi - se gli amministratori se ne occuperanno - consentirà di accogliere investimenti compatibili con un modello di sviluppo sostenibile e senza gli effetti devastanti che il rigassificatore, se venisse realizzato, produrrà, compreso il depauperamento dello scenario naturale e paesaggistico del binomio costa-bellezze antropiche e la limitazione numerica del possibile arrivo di navi da crociera, poiché è evidente che il turista in crociera non desidera certo incrociare le navi gasiere, vedere una canna fumaria sul mare, attraccare a ridosso di un’area industriale pericolosa. E lo stesso discorso vale per il turismo da diporto, assolutamente incompatibile con la presenza di un rigassificatore e delle navi metaniere. E’, invece, largamente probabile che sia possibile trovare investitori pronti a realizzare, con fondi propri, un porticciolo turistico dentro e fuori il porto.

Sarà tuttavia improbabile che gli stessi investitori decidano di cimentarsi in presenza di un impianto invasivo qual è un rigassificatore! E’ una bugia clamorosa, diffusa artatamente, secondo la quale non vi siano alternative allo sviluppo del territorio oltre al rigassificatore. Infatti:

  • la conversione dell’impianto Enel - a totale costo privato - non produce perdita di posti di lavoro;

  • il dragaggio del porto è già finanziato;

  • la Stazione marittima, in corso di progettazione, può trovare fondi nell’affidamento alla gestione dei privati;

  • l’attracco delle navi da crociera è frutto di attività diplomatiche e di accordi commerciali e sindacali (creando in questo caso altri posti di lavoro);

  • la darsena turistica prevede gli investimenti privati (con la creazione di altri posti di lavoro);

  • un secondo porticciolo turistico all’esterno del porto prevede il ricorso a fondi privati (ancora altri posti di lavoro);

  • il rilancio delle attività del settore della pesca commerciale è realizzabile con un piano di sviluppo della nautica empedoclina; progetto che determinerebbe lo stop all’esodo della forza lavoro in questo settore e l’incremento delle attività di pesca e di trasformazione del pescato, magari in collaborazione con i Paesi che si affacciano nel Mediterraneo;

  • la riqualificazione dell’area dimessa destinata per servizi, ovvero per attività di impresa sostenibili (cantieristica leggera, artigianato, trasformazione del pescato, ecc.) e per attività turistiche o, ancora, per l’università e la ricerca, comunque intesa produrrà nuovi posti di lavoro.

Dopo l’attenta analisi e il corposo dibattito, che ha registrato significativi e appassionati interventi, è emersa la unanime richiesta di un protocollo d’intesa, diretto a stimolare la discussione con i rappresentanti delle istituzioni, del ceto politico, del mondo associazionistico e, possibilmente, a creare un tavolo di lavoro attorno alle questioni connesse ai programmi di sviluppo. Lo scopo del documento, condiviso dai rappresentanti delle imprese e dai cosiddetti stakeholders, è quello di partecipare attivamente alla programmazione e alle scelte che la classe dirigente dovrà operare in vista dell’imminente emanazione dei bandi comunitari e dei progetti da realizzare con i Fondi per le aree sottoutilizzate (Fas) che, a detta di tutti, non potranno non tenere nella dovuta considerazione le tematiche connesse alla infrastrutturazione del territorio e della valorizzazione delle naturali vocazioni delle nostre zone, a partire dall’agricoltura di qualità, dal turismo e, ovviamente, dal formidabile patrimonio archeologico ed ambientale.

D’altro canto, i tavoli di concertazione previsti dalle norme di finanza negoziata (Contratti di Programma, Pit, Pir e, in ultimo, Piani Strategici) hanno individuato quali trainanti i predetti settori, concentrando attorno ad essi misure e risorse del Por Sicilia. I Piani Strategici, in quanto strumenti di democrazia partecipativa (attraverso i quali le città di Agrigento, Porto Empedocle, Favara, Aragona, Raffadali e Siculiana sono chiamate a costruire il proprio futuro, definendo il disegno politico dello sviluppo in una prospettiva di medio e lungo termine) hanno il fine di individuare la mission del territorio e, possibilmente, di renderlo interessante per gli investitori.

Peraltro, è ormai opinione diffusa che tutti i soggetti presenti nel territorio - portatori di specifici interessi - hanno il compito di contribuire ad elaborare gli indirizzi di programmazione economica e di pianificazione territoriale di carattere integrato. Nel senso di puntare a valorizzare gli effetti che derivano dalla messa in rete delle diverse politiche: e cioè qualità della vita, formazione, turismo, beni culturali ed ambientali, agroalimentare di qualità, per definire un modello condiviso di sviluppo.

Riassumendo: in zona Kaòs, a duecento metri dal Parco di Pirandello e di fronte alle colline che accolgono la Valle dei Templi di Agrigento, verrebbe collocato un rigassificatore che molti autorevoli studi considerano “impianto a rischio di incidente rilevante”: nel caso del peggiore incidente, infatti, una nube di gas incendiario si spingerebbe in un’area di 55 chilometri, distruggendo tutto lungo il proprio dispiegarsi, causando un numero rilevantissimo di morti e la totale distruzione del paesaggio. E’ così che si intende tutelare la Valle dei Templi di Agrigento? E’ questo il mondo per valorizzare le spiagge di San Leone, Porto Empedole, fino ad arrivare alla Scala dei Turchi?

Chi ha presentato questo assurdo e pericoloso progetto si è guadato bene dall’illustrare alla popolazione locale gli eventuali pericoli connessi alla presenza del rigassificatore e, soprattutto, delle navi che trasportano il gas. Eppure, secondo il Pentagono, l’energia contenuta in una gasiera di media grandezza è equivalente a quella di diverse bombe atomiche, ancorché prive di radiazioni. E’ incredibile come in questa storia del rigassificatore nessuno tra i protagonisti di questo devastante progetto abbia sentito il dovere di informare la popolazione.

Gli impianti, inoltre, risultano pericolosi perché sarebbero tra gli obiettivi più attraenti per i terroristi (vedi sito ministero degli Interni e dichiarazione del presidente dei Lloyd’s di Londra sulle indisponibilità, recentemente manifestate, per assicurare le navi gasiere, prive di scorta militare). E, ancora, gli impianti di rigassificazione inquineranno perché produrranno sversamenti in mare e forti emissioni di metano ad alto effetto serra (23 volte più del CO2); l’acqua marina utilizzata nel ciclo di rigassificazione verrà raffreddata ad una temperatura di 9° inferiore a quella di presa e clorata dall’impianto con una immissione nell’ambiente marino di 20 – 33 tonnellate di cloro attivo (candeggina, per intenderci) all’anno che causerà gravi danni alla pesca ed al turismo.

Inoltre, le carenze dei progetti e degli studi presentati dalle società Nuove Energie e Enel non offrono alcun accenno alle opere a terra e inducono a riflettere e ad opporre forti perplessità sulla complessiva affidabilità delle forze in campo.

Sono da considerare, poi, l’impatto sulla fiducia e i danni morali che la presenza del rigassificatore causerà ai cittadini di Agrigento e di Porto Empedocle e alle imprese, soprattutto in merito alla svalutazione delle unità immobiliari presenti nella vastissima area interessata e, in particolare, di quelle ad uso turistico, nonché di quelle limitrofe agli impianti che si troveranno a poche centinaia di metri in linea d’aria dalle gasiere.

Tanti, insomma, gli interrogativi senza risposta. Corrispondono al vero - per citare un esempio - le voci che si riferiscono alla ventilata approvazione del progetto da parte degli organi regionali preposti? E, se ciò rispondesse al vero, come si giustifica un insediamento così improponibile alla luce delle tanto declamate “vocazioni”?

Gli uffici della Regione Siciliana si sono chiesti, in particolare, come sarà possibile dare risposte alla diffida trasmessa al presidente della Regione Siciliana dal responsabile dell’Unesco, Gianni Puglisi (successivamente rimodulata), alle denuncie che provengono da autorevoli associazioni come il Fai (anch’essa successivamente modificata) e all’appello firmato da un nutrito numero di intellettuali di fama internazionale contro questo progetto?

Tutti personaggi e responsabili di note istituzioni che, probabilmente, hanno più a cuore le sorti di luoghi mistici quali la Valle dei Templi, Kàos e il Parco Pirandello di quanto non l’abbiano taluni agrigentini cosiddetti ‘illustri’, che a parole dichiarano buoni propositi e, di fatto, agiscono nella direzione opposta.

Ai signori che vorrebbero trasformare le coste agrigentine in un terminale di rigassificazione con annessi e connessi va ricordato che:

- primo: la Valle dei Templi - tesi condivisa a tutti i livelli e inserita come idea portante nel Por Sicilia – è il nucleo portante per il futuro sviluppo economico delle nostre zone;

- secondo: il Parco Archeologico è lo strumento più significativo per lo sviluppo socio economico ed occupazionale;

- terzo: contrada Kàos, luogo di nascita di Luigi Pirandello, è un luogo da conservare e da valorizzare e non da distruggere realizzandoci a qualche centinaio di metri un rigassificatore;

- quarto: il porto di Porto Empedocle ha tutti i numero per diventare tra i più visitati porti turistico e crocieristici del Mediterraneo.

Tra l’altro, va detto che in tutta l’area interessata da questo balordo progetto vi è una notevole presenza di strutture ricettive che, in presenza del rigassificatore, diventerebbero ‘a rischio’: parliamo dell’hotel Dioscuri Bay Palace, dell’hotel dei Vescovi, del Baglio della Luna e dell’hotel Kaòs recentemente acquisito, con un investimento di molti milioni di euro, da una compagnia internazionale che pensava di impiegare i propri denari in un posto normale e affidabile. Per non parlare delle strutture di balneazione e delle attività legate alla pesca.

A conti fatti, c’è l’urgenza di riconsiderare le scelte fin qui operate dalle società interessate (vedi piano di impatto ambientale) e stabilire un programma in linea con l’idea di sviluppo già individuata e, ovviamente, più adatto alle reali esigenze del nostro territorio. Per potere cogliere, soprattutto, le opportunità offerte dalla normativa regionale, nazionale e comunitaria e, in ultimo, dalla “Carta degli aiuti regionali” che individua le migliori politiche per le aree svantaggiate dirette a condizioni favorevoli per attrarre investimenti.

Alla nostra provincia, al nostro territorio non serve il rigassificatore. Serve, semmai, un dibattito ampio per individuare gli asset sui quali puntare, a cominciare dalle infrastrutture nel senso più ampio del termine (porti, aeroporti, ferrovie, autostrade, scuola, università); e serve, soprattutto, un progetto per la valorizzazione dell’impareggiabile patrimonio di beni culturali ed ambientali presenti nel nostro territorio. L’esigenza di puntare sulle infrastrutture immateriali deriva dall’assunto che non è possibile ipotizzare sviluppo in assenza di capitale umano. Si tratta, tutto sommato, di una equazione facile da definire: livelli più elevati di istruzione e maggiore competenza sono condizioni necessarie per sostenere livelli di espansione e sviluppo adeguati alle esigenze del nostro tempo.

L’università di Agrigento, seppure nata da poco tempo, ma sviluppatasi progressivamente, avrà l’immane compito di sostenere questo progetto e di esercitare un ruolo significativo, ovvero per diventare luogo di studio nel campo umanistico e laboratorio per il sapere tecnico e tecnologico. Un’occasione indifferibile per lo sviluppo che oggi più che mai la provincia di Agrigento non può non cogliere, tenuto conto, peraltro, che gli aiuti comunitari alle cosiddette ‘regioni ad obiettivo 1’ (e la Sicilia è tra queste) cesseranno nel 2013. Scelte opportune e mirate potrebbero contribuire a creare le condizioni affinché questo luogo geografico con le sue qualità ambientali, con la sua posizione, con la sua storia e la sua stratificazione culturale e archeologica, con la presenza dell’università, con la presenza dei porti, possa assumere il ruolo - che storicamente e geograficamente gli compete - di cerniera strategica tra le due sponde del Mediterraneo.

Dobbiamo lavorare affinché il nostro territorio, riconosciuto dall’Unesco quale patrimonio dell’umanità, possa concorrere per ottenere l’ambita certificazione “carbon free” e per promuovere azioni dirette a far dichiarare il territorio del Mediterraneo Area marina particolarmente sensibile (Particulary sensitive sea area – Pssa), con particolare riguardo per le coste agrigentine. Le predette opportunità potranno risultare (come accade altrove) utilissimi strumenti per sedurre ed accogliere i numerosissimi e moderni viaggiatori che vanno alla ricerca dei pochissimi e ricercatissimi luoghi unici e, naturalmente, non inquinati. Pertanto risulterà estremamente indispensabile consultare i cittadini attraverso un moderno ed efficace strumento di democrazia partecipativa qual è il referendum, secondo le regole sancite con la direttiva Seveso 2 e 3, recepita con Dlgs. n. 334/99 e n. 238/05 e ai sensi della legge regionale n. 9 del 1986 e dello Statuto della Provincia.